Cenni Biografici su Alberto Valier (vescovo di Verona dal 1606 al 1630).
Le notizie sulla vita di Alberto Valier sono molto scarse: non è nota neppure la data di nascita. Sappiamo che discendeva da famiglia veneta,era figlio di Giovanni Luigi e nipote del cardinale Agostino, vescovo di Verona dal 1565 al 1606; fu coadiutore dello zio a partire dal 1592, dopo essere stato eletto vescovo titolare di Famagosta (città sulla costa orientale dell'isola di Cipro,
caduta in mano ai Turchi nel 1571), il 13 febbraio 1591. Durante le lunghe assenze del Vescovo, creato cardinale nel 1583 e chiamato a numerosi e importanti incarichi dal Papa, lo aveva sostituito e dal 1592 al '96 aveva visitato le chiese della diocesi. Alla morte di Agostino, avvenuta a Roma nel maggio 1606, gli successe nella sede di Verona. Già l'anno precedente, aveva assegnato il compito di visitare la diocesi ad alcuni vicari; sono però documentate solo le Visite pastorali effettuate da Marcello Carloto (riportate appunto nel registro XVII, che si trascrive nel presente volume).
L'inizio dell'episcopato di Alberto cade sotto l'interdetto comminato da Paolo V alla Chiesa veneta (giugno 1606 - 21 aprile 1607) in seguito alle discordie tra la Repubblica di S. Marco e la Santa Sede (è la vicenda che vede implicato anche Paolo Sarpi). Il vescovo di Verona si mostrò - almeno per quanto riguarda la limitazione delle solennità esterne - obbediente al sommo pontefice, pur nella sofferenza causata dal grave provvedimento: lo dice egli stesso nella Relatio, documento molto importante per conoscere la situazione della Chiesa veronese all'inizio del secolo (cf Appendice e relativa introduzione). Di tale episcopato resta qualche altra memoria: gli atti di alcune Visite pastorali (registri XVIII e XIX, pure qui trascritti); la compilazione del Rituale Ecclesiae Veronensis, stampato nel 1609; il completamento dell'interno della facciata della cattedrale, con l'orologio (1628). L'Ughelli, il quale, tra l'altro, fa un altissimo elogio di questo vescovo, ricorda anche che Alberto, poco prima della morte, ottenne dal Senato veneto la conferma della giurisdizione su Bovolone, Monteforte e Pol (la pratica relativa fu trattata dal fratello del vescovo, Lorenzo, in qualità di procuratore). Scoppiata la terribile pestilenza del 1630, Alberto pensò di trovare scampo a Venezia, ma a Lusia - paese attualmente diviso tra la provincia di Padova e quella di Rovigo - fu colpito dal morbo e in pochi giorni morì, il primo settembre, a poco più di 60 anni. La salma fu trasportata a Verona e sepolta in cattedrale, davanti al tornacoro.
caduta in mano ai Turchi nel 1571), il 13 febbraio 1591. Durante le lunghe assenze del Vescovo, creato cardinale nel 1583 e chiamato a numerosi e importanti incarichi dal Papa, lo aveva sostituito e dal 1592 al '96 aveva visitato le chiese della diocesi. Alla morte di Agostino, avvenuta a Roma nel maggio 1606, gli successe nella sede di Verona. Già l'anno precedente, aveva assegnato il compito di visitare la diocesi ad alcuni vicari; sono però documentate solo le Visite pastorali effettuate da Marcello Carloto (riportate appunto nel registro XVII, che si trascrive nel presente volume).
L'inizio dell'episcopato di Alberto cade sotto l'interdetto comminato da Paolo V alla Chiesa veneta (giugno 1606 - 21 aprile 1607) in seguito alle discordie tra la Repubblica di S. Marco e la Santa Sede (è la vicenda che vede implicato anche Paolo Sarpi). Il vescovo di Verona si mostrò - almeno per quanto riguarda la limitazione delle solennità esterne - obbediente al sommo pontefice, pur nella sofferenza causata dal grave provvedimento: lo dice egli stesso nella Relatio, documento molto importante per conoscere la situazione della Chiesa veronese all'inizio del secolo (cf Appendice e relativa introduzione). Di tale episcopato resta qualche altra memoria: gli atti di alcune Visite pastorali (registri XVIII e XIX, pure qui trascritti); la compilazione del Rituale Ecclesiae Veronensis, stampato nel 1609; il completamento dell'interno della facciata della cattedrale, con l'orologio (1628). L'Ughelli, il quale, tra l'altro, fa un altissimo elogio di questo vescovo, ricorda anche che Alberto, poco prima della morte, ottenne dal Senato veneto la conferma della giurisdizione su Bovolone, Monteforte e Pol (la pratica relativa fu trattata dal fratello del vescovo, Lorenzo, in qualità di procuratore). Scoppiata la terribile pestilenza del 1630, Alberto pensò di trovare scampo a Venezia, ma a Lusia - paese attualmente diviso tra la provincia di Padova e quella di Rovigo - fu colpito dal morbo e in pochi giorni morì, il primo settembre, a poco più di 60 anni. La salma fu trasportata a Verona e sepolta in cattedrale, davanti al tornacoro.